Il Junior Partner Fabrizio Spennati Vice-Presidente BNI
Il Junior Partner Fabrizio Spennati Vice-Presidente BNI
Il Junior Partner di Studio Industria Avv. Fabrizio Spennati è stato eletto Vice-Presidente del Capitolo "Luminosa" del noto network internazionale BNI - la più grande organizzazione di scambio di referenze al Mondo, leader del marketing Referenziale dal 1985, che vanta in attivo oltre 10.000 capitoli in oltre 70 Paesi del Mondo.
Al fianco dell'imprenditrice Fiorella Bafine - titolare della start-up "Tindora", che ha lanciato prodotti cosmetici innovativi basati sul famoso zafferano abruzzese, l'incarico dell'Avv. Spennati si inserisce nella mission di Studio Industria di favorire contatti e imprenditorialità.
Siamo, infatti, orgogliosi di essere tra i fondatori del Capitolo, al fianco di 32 figure imprenditoriali e professionali eterogenee e di spicco, per facilitare la circolazione delle competenze.
Si amplia il panorama dei reati tributari fra i reati presupposto del D.Lgs. 231/2001
Si amplia il panorama dei reati tributari fra i reati presupposto del D.Lgs. 231/2001
Con la legge n. 157/2019, la quale ha convertito il D.L. n. 124/2019 (anche noto come Decreto Fiscale), il legislatore ha ampliato ulteriormente il panorama dei reati tributari in ambito 231.
Se con il D.L. era già stata prevista l'introduzione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” (art. 2 D.Lgs. n. 74/2000), in fase di conversione sono state introdotte le ulteriori fattispecie di:
• Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.Lgs. n. 4/2000);
• Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 D. Lgs. n. 74/2000);
• Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 D. Lgs. n. 74/2000);
• Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D. Lgs. n. 74/2000).
La nuova norma ha dato un rilevante giro di vite anche sulle pene edittali, ora tutte aumentate.
• Per la dichiarazione fraudolenta mediante fatture o altri documenti per operazioni inesistenti la nuova sanzione è da 4 a 8 anni, anziché da 18 mesi a 6 anni;
• Per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici si va da 3 a 8 anni, anziché da 18 mesi a 6 anni;
• Per le dichiarazioni infedeli inoltre il reato scatterà sopra il superamento della soglia di 100.000 euro (anziché di 150.000) e la nuova pena prevede la reclusione da 2 anni a 4 anni e 6 mesi, anziché l'attuale da 1 a 3 anni.
Per i delitti tributari commessi dopo l’entrata in vigore della legge di conversione, inoltre, diventeranno possibili la confisca allargata e il sequestro. L’art. 12-ter del D.Lgs. 74/2000 dispone che in caso di condanna (o patteggiamento), per alcuni reati tributari, si applichi l’istituto di cui all’art. 240-bis c.p. Quest’ultimo prevede la confisca di denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona, risulta essere titolare o avere la disponibilità, a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato o all’attività economica. La norma inverte sostanzialmente l’onere della prova, gravando il soggetto che ha la titolarità dei beni di dare una spiegazione della liceità della loro provenienza.
Per quanto attiene invece all’ipotesi di sequestro preventivo si ricorda che la Cassazione ritiene necessario accertare, da un lato, l’astratta configurabilità di uno dei reati indicati (quantomeno possibile) e, dall'altro, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per
sproporzione del valore, sia per la mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni. Alla luce della suddetta riforma, pertanto, le aziende che si sono già dotate di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (MOG) ex D. Lgs. 231/2001 dovranno aggiornarlo con i reati presupposto recentemente introdotti.
Confindustria emana delle linee guida su covid e responsabilità 231
Confindustria emana delle linee guida su covid e responsabilità 231
La delicata situazione venutasi a creare a causa dell’epidemia da Covid 19 ha imposto senza dubbio delle inaspettate e radicali modifiche sul modo di fare impresa. Gli imprenditori, di fatto, si sono ritrovati a dover immaginare e adottare delle misure per garantire la tutela della salute dei propri lavoratori. In particolare, in tema di responsabilità da “Decreto 231”, Confindustria è intervenuta emanando delle Linee guida circa l’adeguatezza dei Modelli Organizzativi e l’essenzialità dell’Organismo di Vigilanza in un contesto simile, distinguendo sul punto tra rischi indiretti e diretti.
In riferimento ai primi, si tende a considerare l’epidemia come l’ipotetico presupposto per la commissione di alcune fattispecie di reato già incluse nel Decreto 231, seppur non direttamente discendenti dalla gestione del Covid-19 in ambito aziendale. Confindustria riporta i seguenti esempi:
• corruzione tra privati, corruzione e altri reati contro la PA, data la necessità da parte delle imprese di recuperare i profitti non conseguiti durante l’emergenza, di partecipare a gare semplificate per la fornitura di DPI, di “millantare” dichiarazioni e/o certificazioni attestanti il possesso delle misure “anti covid” richieste dai provvedimenti normativi;
• caporalato e impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, dal momento che le oggettive difficoltà nella prosecuzione dell’attività produttiva durante l’emergenza possono aver determinato un maggior rischio di utilizzo e impiego irregolare dei lavoratori;
•reati contro l’industria e il commercio, data la necessità di procurarsi determinate categorie di beni indispensabili per la prosecuzione dell’attività produttiva in questa fase emergenziale;
•ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio, a causa delle ridotte disponibilità di risorse finanziarie, acuite dall’emergenza sanitaria;
•reati informatici e violazioni in materia di diritto d’autore, per via dell’ampio e generalizzato ricorso allo smart working, attivabile in alcuni casi anche mediante l’uso di dispositivi e connessioni di rete personali dei lavoratori e un uso non conforme dei dispositivi e dei software da parte dei singoli utenti.
Si tratta ovviamente di rischi rispetto ai quali le imprese dovrebbero già aver adottato delle misure efficaci di prevenzione, in base alle previsioni in materia di 231, e che adesso andrebbero esclusivamente implementate per via della situazione emergenziale.
Passando ora all’esame dei rischi diretti, essi sono considerabili come quei rischi immediatamente conseguenti all’epidemia stessa. Si intende far riferimento, in prima battuta, ai rischi di contagio cui sono esposti i lavoratori nell’esercizio delle proprie mansioni.
Confindustria ritiene che l’attività imprenditoriale debba essere ancorata alle misure di contenimento contenute in diversi provvedimenti, cioè nei decreti-legge e nei DPCM che si sono succeduti negli ultimi mesi, nonché nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali. Si tratta, in sintesi, della predisposizione di misure costanti di sanificazione, protezione ed informazione del personale, nonché della gestione degli spazi comuni e della ri-organizzazione dell’assetto operativo.
In caso, poi, di contagio di un lavoratore sul luogo di lavoro, tema oggetto di ampio dibattito mediatico, è opportuno richiamare la circolare INAIL n. 22 del 20 maggio, in cui si esclude l’automatica riconducibilità di responsabilità civile e penale in capo al datore di lavoro, salvo il caso in cui venga fornita prova del nesso di causalità e dell’imputabilità del titolare di impresa, quantomeno a titolo di colpa.
Inoltre, è prevista la costituzione, nell’impresa, di un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo, nonché l’aggiornamento delle stesse, con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS, laddove presenti; il tutto dovrà trovare corrispondenza in una adeguata reportistica, che andrà ad integrarsi, di fatto, nel complesso dei presidi puntuali messi in campo dal datore all’interno della propria organizzazione al fine di prevenire la commissione di fattispecie rilevanti anche in chiave 231.
In un tale contesto, non può che uscirne inevitabilmente rafforzato il compito dell’Organismo di Vigilanza di monitoraggio sulla corretta ed efficace implementazione del Modello esistente, tramite lo scambio continuo di flussi informativi sulle misure di fatto adottate.
Spetta all’Organismo di Vigilanza il compito di segnalare ai vertici aziendali e alle funzioni preposte ai controlli operativi, anche per il tramite di riunioni periodiche, eventuali criticità riscontrate nella propria attività di vigilanza.