Importanza del rating di legalità - Il Report Bankitalia

Importanza del rating di legalità - Il Report Bankitalia


Per “rating di legalità” si intende un “indicatore sintetico” di aderenza e rispetto, da parte dell’impresa, di elevati standard di legalità[1], rilasciato dall’AGCM in presenza di determinati requisiti. In buona sostanza è una valutazione dell’impresa sotto un aspetto etico-giuridico, che ci indica quanto sia “clean” l’impianto aziendale, tramite un rispetto e un perseguimento sostanziale di una serie di valori e principi che esulano il puro dato normativo.

 

Ed invero, sebbene l’ottenimento di un determinato punteggio passi attraverso il rispetto di precisi parametri formali, come meglio specificati dagli articoli 2 e 3 del “Regolamento attuativo in materia di Rating di Legalità”, tale risultato è di certo imprescindibile dalla creazione di un modello compliant a 360 gradi, che richiede inevitabilmente un percorso di lenta e progressiva trasmissione, da parte dei vertici aziendali, e recezione, da parte dell’intero personale, di quella serie di principi e best practise che rendono oggi un’impresa non solo competitiva, ma aprono anche ad un insieme di incentivi e facilitazioni, come nel caso dell’accesso al credito.

 

Orbene, come evidenziato dal report del novembre 2020 di Bankitalia[2], in cui sono stati pubblicati i dati, in percentuale, delle imprese titolari di rating di legalità in relazione alla concessione di finanziamenti e all’ottenimento di benefici, risulta lampante l’apporto di tale titolo in termini di agevolazione per l’impresa.

Ed infatti, la quasi totalità di soggetti richiedenti ha ottenuto l’erogazione del credito, circa il 97,5%. È inoltre incoraggiante il dato che mostra l’aumento (dal 40% del 2017 al 58% del 2019) delle imprese richiedenti beneficiate dal rating di legalità, i cui vantaggi sono consistiti nella riduzione delle tempistiche o dei costi di istruttoria e nell’applicazione di migliori condizioni economiche in fase di accesso o di rinegoziazione del finanziamento.

 

Potrebbe sorgere spontaneo, a questo punto, domandarsi perché le restanti imprese, pur titolari di rating di legalità, non abbiano ottenuto alcun beneficio da questo meccanismo premiale. Ebbene, da un lato, è pacifico che un ruolo fondamentale venga ricoperto dal punteggio che di fatto possiede il soggetto richiedente, in quanto l’ottenimento di una “stella”[3] è legato sostanzialmente al rispetto della legge ed al non aver riportato condanne penali: questo comporta che un soggetto che ha, ad esempio, raggiunto le due stelle[4] può sicuramente ambire a dei benefici maggiori in termini creditizi.

Dall’altro, dal report di Bankitalia emerge un dato interessante, ovvero che nel 2019, su 3.800 imprese (che non hanno ottenuto benefici), in 2.345 casi il possesso del titolo non è stato dichiarato dalle imprese in fase di istruttoria del finanziamento, non permettendo dunque ai soggetti in questione di profittarne.

 

Tirando le somme, si può senz’altro constatare che i dati previamente esaminati risultino incoraggianti, in particolare se, ragionando in termini assoluti, consideriamo che dal 2017 al 2019 le imprese finanziate sono passate da 4.400 a 9.099, esattamente in linea con l’evoluzione del numero di soggetti titolari di rating di legalità (da 4.525 a 9.328).

Occorre perciò che le imprese, all’uopo seguite da consulenti esperti del settore, perseguano il raggiungimento di standard sempre più elevati in termini di legalità e compliance, principi cardine nel presente e nel futuro delle imprese.

[1] https://www.agcm.it/competenze/rating-di-legalita/;

[2] Banca D’Italia – Comunicato Stampa – Divisione Stampa e relazioni esterne, Roma, 13 novembre 2020;

[3] Il meccanismo premiale sotteso dal rating di legalità prevede un punteggio che va da un minimo di una stella a un massimo di tre, oltre all’ottenimento di due “+” (il terzo + comporta l’acquisizione di un’ulteriore stella).

[4] Le due stelle sono legate, ad esempio, a requisiti quali la dotazione di un modello ex 231/2001, o alla dotazione di un sistema di tracciamento di pagamenti.

 

Contributo a cura del Dott. Riccardo Ianni.


Pro e contro di un Amministratore Indipendente nel board

Pro e contro di un Amministratore Indipendente nel board


La figura dell’amministratore indipendente, di derivazione anglosassone, sta progressivamente prendendo piede anche in Italia all’interno del nuovo concept di impresa. Pur non essendovi traccia nel codice civile, la disciplina dell’amministratore indipendente segue i già noti art. 2387 c.c. (requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza) e 2399 c.c. (cause di ineleggibilità e decadenza dei sindaci). Egli persegue l’interesse della società, non della maggioranza/minoranza e, non essendo coinvolto in prima persona nella gestione operativa dell’emittente, può fornire un giudizio autonomo e non condizionato sulle proposte di deliberazione, avendo inoltre accesso alle medesime informazioni degli amministratori esecutivi.

È indubbio che la presenza di amministratori indipendenti contribuisca alla creazione di valore aggiunto per l’azienda, la cui percezione, in particolare agli occhi degli “stakeholders”, è certamente quella di una maggiore professionalizzazione della stessa. Inoltre, la qualità delle decisioni prese nel CdA è notevolmente migliorata grazie alla loro presenza e, in caso di crisi o conflitto tra azionisti o dirigenti, ricoprendo una posizione di neutralità e garanzia, sono considerati degli ottimi mediatori, contribuendo così, potenzialmente, all’armonizzazione delle dinamiche e dei possibili conflitti aziendali.
Infine, essendo sensibili agli interessi della società nel lungo periodo, partecipano generalmente in modo attivo alla gestione della successione manageriale e del passaggio generazionale.

Dopo aver analizzato la figura in questione dal punto di vista professionale, è opportuno rilevare come sia essenziale, in seconda battuta, tenere in considerazione l’aspetto “umano-personale” del professionista che si va ad assumere: oltre ai già menzionati requisiti di indipendenza - che acquisiscono una ancora maggior rilevanza nella declinazione pratica - egli deve possedere una personalità dotata di ponderatezza, equilibrio, empatia, risolutezza e senso critico, affiancando e coadiuvando il manager.

Concludendo l’articolo con alcuni consigli utili per l’impresa, si segnala, intanto, come risulti di certo poco congeniale assumere amici, clienti o fornitori eccessivamente accomodanti, la cui indipendenza potrebbe essere rapidamente compromessa, venendo meno, dunque, quel valore aggiunto di professionalità.

Infine, è senza dubbio opportuno remunerare gli amministratori indipendenti nelle PMI: se il compenso sarà indubbiamente legato alle dimensioni della azienda, la formula retributiva risulta essere piuttosto flessibile, con possibilità di scelta tra retribuzione annuale fissa e/o con una componente variabile. Si tratta comunque di un investimento che si ripaga rapidamente, poiché adottare un amministratore indipendente contribuisce a creare una governance evoluta, e ad agevolare e ottimizzare le scelte imprenditoriali.

Adottare un amministratore indipendente, quindi, è consigliabile particolarmente in aziende piccole con fatturati superiori a 5 milioni di euro e attività complesse.


I 50 anni della Legge sul Divorzio - Relazione dell'Avv. Cirillo

I 50 anni della Legge sul Divorzio - Relazione dell'Avv. Cirillo


Ancora una volta il membro del Comitato Scientifico di Studio Industria, l'Avv. Alfredo Cirillo, ci pregia della sua propensione divulgativa.

Il 9 dicembre 2020, ore 14.00-17.00, parteciperà come relatore al webinar dedicato alla Legge 898 del 1970 sul divorzio, a 50 anni dalla sua adozione.

L'evento sarà realizzato in collaborazione con il Gruppo "Sole 24 Ore".