Le fasi del processo di investimento nelle startup.

Le fasi del processo di  investimento nelle startup


Preliminare ad ogni operazione di investimento è l’attenta strutturazione di un time table[1] che ne scandisca le varie fasi: è utile capire come funziona.

Il primo step consiste nella presentazione dell’idea alla base della startup da costituire o della startup esistente, qualora sia già stata costituita e sia operativa, nei vari programmi di accelerazione[2], contest o festival disponibili.

 

In queste sedi, si potrebbe attirare l’attenzione di qualche investitore interessato al progetto e con questo i soci potrebbero cominciare a scambiarsi alcuni documenti preliminari come una lettera d’intenti, un memorandum of understanding[3] o un term sheet[4], senza dimenticare ovviamente la preventiva o quantomeno contestuale richiesta di sottoscrizione di un NDA[5], ossia di un accordo di non divulgazione, da farsi solo qualora ci siano delle informazioni effettivamente riservate che rendano necessaria una tutela di questo tipo[6], onde evitare di creare sin da subito dissapori o diffidenze tra le parti.

 

Successivamente a questo primo scambio documentale, si apre la fase della due diligence in cui i consulenti dell’investitore vanno ad analizzare la startup sotto il profilo legale, fiscale e tecnico[7], nonché dal punto di vista dei financial e quindi delle cosiddette metriche[8] (in pratica, l’aspetto finanziario).

 

Chiaramente, l’intensità e la durata della due diligence è proporzionata al grado di maturità della startup: più la startup è matura, maggiori saranno i controlli da eseguire e, quindi, più si allungheranno i tempi di chiusura di questa fase centrale del processo di investimento, alla quale seguiranno la fase di negoziazione del contratto di investimento vero e proprio, l’aumento di capitale e poi le conseguenziali modifiche dell’atto costitutivo, dello statuto e dei patti parasociali.

Ne parleremo nelle prossime puntate.

 

 

[1] “Tabella di marcia”

[2] I programmi di accelerazione permettono alle startup di accedere a capitali e investimenti in cambio di equity (quote o azioni di minoranza della società stessa con una percentuale che varia a seconda dell’investimento e del valore della startup).

I programmi seed hanno una durata compresa tra i due e quattro mesi e si rivolgono a imprese meno mature offrendo loro servizi (alcuni gratuiti ed altri a pagamento) e fornendo loro l’opportunità di presentare le loro idee a degli investitori tramite presentazioni pubbliche (public pitch event) o giornate dimostrative (demo day). I servizi offerti includono la condivisione di spazi di lavoro, formazione, mentorship, (consulenza fornita dai cosiddetti mentor startup), accesso a risorse tecniche e logistiche (supply chain).

I programmi di second-stage hanno una durata variabile tra i 2 ed i 6 mesi e si rivolgono a startup più strutturate alle quali offrono l’opportunità di connettersi con network di altre imprese dalle quali possono apprendere molto, condividere esperienze e di incrementare le chances di nuove opportunità. Il fine di questi programmi è infatti quello di rafforzare il loro posizionamento nel loro mercato di riferimento.

[3] Termine che in ambito internazionale corrisponde al nostro memorandum d’intesa, ossia un documento giuridico che descrive un accordo bilaterale (o più raramente multilaterale) fra due o più parti. Esso esprime una convergenza di interessi fra le parti, indicando una comune linea di azione prestabilita, piuttosto che un vero e proprio vincolo contrattuale. È un'alternativa più formale rispetto ad un semplice accordo tra gentiluomini (gentlemen's agreement), anche se generalmente non ha il potere di un contratto.

[4] il term sheet è un documento, generalmente redatto dall’investitore, attraverso il quale lo stesso esprime un interesse ad investire nella (e/o acquisire la) startup.

[5] Non-disclosure agreement

[6] Ad esempio un progetto avente ad oggetto la brevettazione di un quid!

[7] Si pensi agli aspetti informatici, sia parte hardware che parte software.

[8] Esistono quattro rapporti di base che vengono spesso utilizzati per selezionare le azioni per i portafogli di investimento. Questi includono il prezzo-guadagno (P/E), l'utile per azione, il debito su capitale e il ritorno sul capitale (ROE).

 

 

 

Contributo a cura del Dott. Piermarco Di Lallo.


Interesse e Vantaggio dell’impresa nella normativa 231

Interesse e Vantaggio dell’impresa nella normativa 231


In materia di responsabilità penale dell’impresa, è molto interessante la recente pronuncia della Corte di Cassazione (8 giugno 2021, n. 22256) in ambito di illecito amministrativo dipendente da reato per violazione della normativa antinfortunistica.

Nello specifico, la Suprema Corte si è espressa relativamente ai due elementi dell’interesse e del vantaggio[1], entrambi riferibili alla società alla quale appartiene il soggetto autore della violazione.

 

La Corte è intervenuta per delimitare l’ambito applicativo relativo a tali due elementi, a causa della necessità di individuare correttamente cosa si intende con i termini “interesse” e “vantaggio”.

Il rischio di indeterminatezza della norma, come conseguenza di un’interpretazione ondivaga e poco circostanziata, appare più che fondato.

Venendo brevemente al merito della controversia, l’impresa era stata chiamata a rispondere per responsabilità amministrativa da reato in riferimento all’art. 590[2] del Codice Penale, partendo dal presupposto per cui il datore di lavoro, implicato nello stesso procedimento penale, avrebbe presumibilmente agito nell’interesse dell’ente o a vantaggio di esso.

A ben vedere, gli elementi dell’interesse e del vantaggio (lo si ribadisce, entrambi riferibili all’Ente) risultano essere alternativi e concorrenti.

 

La differenza risiede in questo.

Mentre il primo fa riferimento alla finalità per cui è commesso il reato (e, quindi, si sostanzia in una valutazione di tipo soggettivo e apprezzabile in anticipo - ex ante), il secondo riguarda invece gli effetti concretamente derivati dalla commissione dell’illecito (ed è pertanto apprezzabile successivamente - ex post e con una valutazione di tipo oggettivo).[3]

Secondo la Suprema Corte, nel caso di specie, il Giudice del merito non avrebbe correttamente individuato i criteri idonei a fornire la prova, alternativamente, dell’interesse o vantaggio che sarebbe conseguito all’Ente per l’illecita condotta del soggetto agente, in quanto non si erano dimostrati l’apprezzabile risparmio di spesa o l’apprezzabile efficientamento del processo produttivo conseguenti alla violazione della normativa antinfortunistica.

Per questi motivi, la Cassazione crea la seguente distinzione che dovrà guidare il Giudice  nell’individuazione di interesse e vantaggio: il primo, cioè l’interesse, risulterà presente quando il soggetto agirà intenzionalmente ai fini del conseguimento di un’utilità per l’Ente (con la conseguenza, dunque, che dovrà trattarsi di una scelta consapevole in tal senso); questo, inoltre, è elemento soggettivo riconducibile e valutabile ex ante (ossia, nel momento in cui viene realizzata la condotta) e non riguardante necessariamente una violazione sistematica e generale della normativa antinfortunistica; può, quindi, consistere in un comportamento isolato e scisso da ulteriori condotte in violazione del presidio normativo.

Venendo, invece, alla definizione del vantaggio dell’Ente, esso risulterà presente in tutte quelle ipotesi in cui, ben al di là del caso isolato, la violazione della normativa antinfortunistica avverrà sistematicamente e in funzione di una politica d’impresa disattenta e negligente, finalizzata alla riduzione dei costi e/o alla massimizzazione del profitto; il vantaggio, tuttavia, è elemento oggettivo desumibile in termini di effettiva realizzazione del profitto e, soprattutto, prescindente dalla consapevolezza del soggetto agente rispetto alla violazione delle norme per finalità di risparmio.

Infine, sempre parlando del vantaggio, sarà il giudice a stabilire la sussistenza del medesimo in termini di consistenza o di non irrisorietà e, qualora debitamente motivata, tale valutazione risulterà insindacabile.

 

[1]https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/1632-responsabilita-amministrativa-da-reato-interesse-e-vantaggio-dell-ente-in-caso-di-omicidio-colposo; d.lgs. n. 231 del 2001, art. 5

[2] Reato di Lesioni Colpose, art. 590 del Codice penale

[3] Cass. pen., Sez. IV, 23 maggio 2018, n. 38363

 

 

Contributo a cura del Dott. Sandro Marcelli.