Studio Industria al seminario “Intelligenza Artificiale al Servizio della Manifattura"

Studio Industria al seminario “Intelligenza Artificiale al Servizio della Manifattura"


Studio Industria si è unita a una serie di esperti nel campo dell'Intelligenza Artificiale (AI) per il seminarioIntelligenza Artificiale al Servizio della Manifattura", a Bologna il 18.04.2024 presso il Museo Patrimonio Industriale.

 

L'evento, in programma per oggi, vedrà la partecipazione del Prof. Avv. Andrea Tatafiore, Senior Partner Fondatore di Studio Industria.

 

Il seminario accoglierà diversi ospiti, ciascuno con il proprio contributo distintivo.

 

Tra di essi:

 

Vincenzo Colla, Assessore alla Regione Emilia-Romagna, esplorerà il modello regionale per sviluppare competenze e guidare la transizione verso un'economia sostenibile;

 

Fabio Ferrari, fondatore di Ammagamma, offrirà un'analisi approfondita sullo stato attuale dell'AI nelle aziende;

 

Michele Poggipolini, Presidente della Fondazione Aldini Valeriani, condividerà il nuovo percorso della Fondazione, focalizzato sulla formazione e sull'innovazione per affrontare le sfide di mercato e sviluppare strategie competitive;

 

Marco Ramilli, fondatore e CEO di Yoroi, fornirà un'importante prospettiva sulla sicurezza informatica, evidenziando i rischi e le soluzioni nell'ambito dell'AI e dell'industria;

 

Prof. Avv. Andrea Tatafiore, Presidente di AIDA (Associazione Intermediari del Diritto d'Autore) e professore di Diritto Commerciale e Industriale, nonché Senior Partner e fondatore di Studio Industria, si concentrerà sulla sfida politica e giuridica nell'affrontare l'evoluzione dell'AI nel mondo della manifattura. La sua partecipazione riflette l'impegno di Studio Industria nel mantenere i propri clienti costantemente informati e aggiornati sulle tematiche cruciali.

 

Moderato da Gabriele Carrer, giornalista e scrittore su Formiche.net, l'evento promette un dibattito stimolante e informativo sulle intersezioni tra AI e industria, offrendo spunti preziosi per navigare con successo nel mondo dell'innovazione.

 

Studio Industria, come sempre, rimane all'avanguardia nell'adattare le proprie competenze legali e industriali alle nuove sfide, garantendo ai clienti un supporto affidabile e aggiornato in un panorama in continua evoluzione, specie nel campo dell’Intelligenza Artificiale quale principale settore in continua trasformazione stante il sempre maggiore impatto rivestito nello svolgimento di attività professionali e non.

 

Abbiamo parlato dell'AI Act nel precedente post.

 

 

 

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L’AI Act e l’Impatto sulle Aziende

L’AI Act e l’Impatto sulle Aziende


L’AI Act e l’Impatto sulle Aziende: Una Guida Essenziale

Il 13 marzo segna una data cruciale per le aziende operanti nel campo dell’intelligenza artificiale (IA) in Europa. Con l’avvio del conto alla rovescia per l’adeguamento al regolamento AI Act, le imprese si trovano di fronte alla necessità di comprendere e conformarsi a nuove normative significative.

 

Chi è Coinvolto?

Il regolamento AI Act si estende oltre i confini tradizionali, influenzando una vasta gamma di entità sia all’interno che all’esterno dell’Unione Europea. Qualsiasi sistema di IA immesso sul mercato dell’UE o utilizzato in relazione a persone situate nell’UE sarà soggetto a questo quadro giuridico. Ciò include i fornitori, come gli sviluppatori di strumenti di screening, e gli utilizzatori, come le banche che adottano tali sistemi.

 

Obblighi e Esenzioni

Gli importatori di sistemi di IA dovranno garantire la conformità dei fornitori esterni, mentre i fornitori di modelli di IA di uso generale si troveranno di fronte a obblighi specifici. Tuttavia, esistono esenzioni importanti, come quelle per i modelli gratuiti e open-source, e per le attività di ricerca e sviluppo.

 

Scadenze da Monitorare

Le aziende devono agire rapidamente. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del regolamento, sarà necessario eliminare i sistemi vietati. Entro dodici mesi, si applicheranno gli obblighi per la governance dell’IA, e una scadenza critica di 24 mesi vedrà l’applicazione completa delle norme, inclusi i sistemi ad alto rischio.

 

Sanzioni Potenziali

Le sanzioni previste sono severe e mirate a garantire il rispetto del regolamento. Le infrazioni possono comportare multe fino a 35 milioni di euro o il 7% del fatturato totale annuo. La mancata osservanza di altri requisiti può portare a sanzioni fino a 15 milioni di euro o il 3% del fatturato. Inoltre, la fornitura di informazioni inesatte può risultare in multe fino a 7,5 milioni di euro o l’1,5% del fatturato.

 

Azioni Immediate per le Aziende

Le aziende devono iniziare con un’analisi approfondita del software di IA in uso, identificando i sistemi ad alto rischio. È fondamentale comprendere il proprio ruolo nell’ambito dell’AI Act e prepararsi adeguatamente per evitare sanzioni significative.

 

 

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Start-up e PMI Innovative: Un Nuovo Orizzonte Fiscale

Start-up e PMI Innovative: Un Nuovo Orizzonte Fiscale


L’innovazione è il motore del progresso e l’Italia sta cavalcando questa onda con politiche fiscali sempre più orientate a sostenere start-up e PMI innovative. Il Decreto Legge n.179/2012 ha gettato le basi per un ambiente favorevole, introducendo un quadro normativo che facilita la nascita e la crescita di queste nuove realtà imprenditoriali.

 

Identikit di una Start-up Innovativa

Le start-up innovative sono quelle imprese che si dedicano allo sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi ad alto valore tecnologico. Per essere riconosciute come tali, devono possedere requisiti ben definiti:

  • Sostenere spese di ricerca e sviluppo per almeno il 15% del maggiore tra costo e valore totale della produzione.
  • Impiegare personale altamente qualificato come dipendenti o collaboratori.
  • Essere titolari, depositarie o licenziatarie di privative industriali, o detentori dei diritti relativi a un programma per elaboratore originario.

 

Agevolazioni e Incentivi Fiscali

Queste imprese godono di agevolazioni fiscali e di sostegno al lavoro, come semplificazioni nella costituzione, riduzione degli oneri per l’avvio dell’attività e incentivi agli investimenti nel capitale di rischio. Inoltre, sono esonerate da alcune penalizzazioni fiscali previste per le società di comodo, come l’imputazione di un reddito minimo e l’utilizzo limitato del credito IVA.

 

Il Cammino Normativo e il Limite de minimis 2024

Il cammino normativo italiano prosegue con l’introduzione del nuovo regime de minimis a partire da gennaio 2024, che modifica la detrazione fiscale per start-up e PMI innovative. Questo cambiamento riflette l’importanza degli incentivi fiscali nel contesto economico attuale e l’impegno del governo nel sostenere l’innovazione e la crescita economica.

 

Impatto e Prospettive Future

L’ecosistema delle start-up innovative in Italia è in continua crescita, con oltre 500 nuove società che nascono ogni tre mesi. Questo dinamismo è il risultato di politiche mirate che non solo incentivano la creazione di nuove imprese ma attraggono anche investitori alla ricerca di opportunità in un settore promettente.

 

In conclusione, l’Italia sta consolidando la sua posizione come un hub di innovazione e imprenditorialità. Con un quadro normativo su misura e incentivi fiscali strategici, le start-up e le PMI innovative sono destinate a giocare un ruolo chiave nel panorama economico nazionale e internazionale.

 

 

 

 

 

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REgolamento DORA: cosa cambia per le imprese?

Regolamento DORA: cosa cambia per le imprese?


Il Regolamento DORA (Digital Operational Resilience Act) è una nuova normativa europea che mira a rafforzare la resilienza operativa digitale delle entità finanziarie, cioèla loro capacità di prevenire, affrontare e riprendersi da incidenti o minacce informatiche che potrebbero compromettere i loro servizi, i loro dati o la loro reputazione.

 

Il Regolamento DORA si applica a tutte le entità finanziarie autorizzate e vigilate nell’Unione europea, come banche, assicurazioni, fondi di investimento, società di rating del credito, piattaforme di finanza tra pari, fornitori di servizi di pagamento e altri operatori del settore finanziario.

 

Un aspetto importante da sottolineare è che il Regolamento coinvolge anche i fornitori di tali entità.

 

Il Regolamento DORA introduce una serie di obblighi e misure per le entità finanziarie, tra cui:

  • la gestione dei rischi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), basata su una valutazione periodica dei rischi informatici e su una politica di sicurezza delle TIC adeguata;
  • la segnalazione alle autorità competenti dei gravi incidenti relativi alle TIC, come attacchi informatici, guasti tecnici, perdite di dati o violazioni della privacy;
  • i test di resilienza operativa digitale, che consistono in simulazioni realistiche di scenari avversi per verificare la capacità delle entità finanziarie di resistere e ripristinare le loro funzioni critiche in caso di incidenti informatici;
  • la gestione dei rischi informatici derivanti da terzi, come fornitori di servizi TIC, cloud computing, outsourcing o sub-outsourcing, attraverso accordi contrattuali chiari e monitoraggio continuo delle prestazioni e della conformità;
  • i meccanismi di condivisione delle informazioni, che prevedono lo scambio volontario di dati e informazioni sulla vulnerabilità e sulle minacce informatiche tra le entità finanziarie e le autorità competenti, al fine di migliorare la consapevolezza e la cooperazione in materia di sicurezza informatica.

 

Il Regolamento DORA entrerà in vigore il 21° giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 27 dicembre 2022, e troverà applicazione a partire dal 17 gennaio 2025.

 

Per le entità finanziarie, il Regolamento DORA rappresenta una sfida ma anche un’opportunità per adeguare i loro sistemi e processi alle nuove esigenze del mercato digitale, aumentando la loro competitività e la fiducia dei loro clienti.

 

Se avete domande o commenti sul REgolamento DORA o sulle sue implicazioni per il vostro business, non esitate a contattarci.

 

 

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ChatGPT e altre intelligenze artificiali: i problemi privacy

ChatGPT e altre intelligenze artificiali: i problemi privacy


Parliamo nuovamente dei rischi legati all'Intelligenza Artificiale, approfondendo uno degli argomenti menzionati nel precedente post generale: la privacy.

 

Le intelligenze artificiali (IA) sono sempre più presenti nel mondo del lavoro, offrendo soluzioni innovative e vantaggiose per le imprese di ogni settore. Tuttavia, l’utilizzo di IA di terze parti comporta anche dei rischi legali che non vanno sottovalutati, soprattutto in materia di protezione dei dati personali.

Infatti, se la tua impresa integra una IA di terza parte nella propria attività, devi essere consapevole che potresti essere considerato responsabile dei trattamenti di dati personali effettuati dalla IA, in qualità di titolare o di contitolare del trattamento.

 

Questo significa che devi rispettare le norme previste dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) e dalla normativa nazionale, e che potresti essere soggetto a sanzioni amministrative o a risarcimenti danni in caso di violazione.

 

Per evitare questi rischi, è importante che tu adotti alcune precauzioni prima di integrare una IA di terza parte nella tua impresa, tra cui:

  1. Verificare la reputazione e l’affidabilità del fornitore della IA, controllando le sue credenziali, le sue referenze e le sue recensioni.
  2. Leggere attentamente i termini e le condizioni del contratto con il fornitore della IA, verificando quali sono le sue responsabilità e le tue in materia di protezione dei dati personali, e quali sono le garanzie offerte in caso di problemi o controversie.
  3. Valutare l’impatto della IA sulla protezione dei dati personali, effettuando una analisi preventiva dei rischi e delle misure da adottare per mitigarli, secondo quanto previsto dall’articolo 35 del GDPR.
  4. Informare i soggetti interessati (clienti, dipendenti, fornitori, ecc.) dell’utilizzo della IA e dei relativi trattamenti di dati personali, fornendo loro tutte le informazioni richieste dall’articolo 13 del GDPR.
  5. Ottenere il consenso dei soggetti interessati, se necessario, per il trattamento dei loro dati personali da parte della IA, secondo quanto previsto dall’articolo 7 del GDPR.
  6. Verificare se la tua azienda assume una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato realizzato tramite l'IA, in potenziale violazione dell'art. 22 GDPR;
  7. Monitorare periodicamente il funzionamento della IA e i suoi effetti sui dati personali, verificando che non vi siano anomalie o violazioni.

 

Con gli opportuni accorgimenti, è possibile integrare una IA di terza parte nella tua impresa in modo sicuro e conforme alla normativa sulla protezione dei dati personali.

Per dubbi o perplessità, siamo a disposizione per una consulenza personalizzata e adeguata alle tue esigenze.

 

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ChatGPT e altre intelligenze artificiali: quali rischi?

ChatGPT e altre intelligenze artificiali: quali rischi?


Oggi parleremo dei rischi associati all'utilizzo delle Intelligenze Artificiali (IA) come ChatGPT nelle aziende.

 

Le AI stanno diventando sempre più diffuse e offrono molteplici vantaggi, ma è fondamentale essere consapevoli delle implicazioni legali che comportano.

 

In questo articolo, esploreremo alcuni aspetti chiave da considerare per garantire la conformità alle leggi e minimizzare i rischi nell'implementazione di AI come ChatGPT nelle attività aziendali.

 

  1. Trasparenza e responsabilità: Quando si utilizzano AI come ChatGPT, è essenziale garantire la trasparenza nelle interazioni con gli utenti. Gli utenti devono essere consapevoli di interagire con un'intelligenza artificiale e comprendere le sue limitazioni. Inoltre, l'azienda deve assumersi la responsabilità per il comportamento delle AI e garantire che rispettino le normative vigenti.
  2. Protezione dei dati: Le AI come ChatGPT richiedono l'accesso e l'elaborazione di grandi quantità di dati per fornire risposte pertinenti e accurate. È fondamentale assicurarsi che l'azienda rispetti le normative sulla protezione dei dati, come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) dell'Unione Europea. Ciò implica implementare adeguate misure di sicurezza per proteggere tali informazioni.
  3. Discriminazione e bias: Le AI possono essere soggette a discriminazione e bias, poiché imparano dai dati a loro disposizione. È importante adottare misure per evitare che le AI riflettano pregiudizi o discriminazioni presenti nei dati di addestramento. Monitorare costantemente l'output delle AI e apportare le modifiche necessarie per ridurre al minimo tali rischi è un compito cruciale.
  4. Proprietà intellettuale e diritti d'autore: Le AI come ChatGPT possono generare contenuti creativi, come testi o immagini. In questo contesto, è necessario valutare la protezione della proprietà intellettuale e i diritti d'autore associati ai risultati prodotti dalle AI. Chi possiede i diritti su tali contenuti? Come possono essere utilizzati o distribuiti in modo legale? Rispondere a queste domande è fondamentale per evitare controversie legali in futuro.
  5. Responsabilità civile e legale: L'utilizzo di AI come ChatGPT può comportare responsabilità civili e legali. Se l'AI fornisce consigli o informazioni errate che causano danni, l'azienda potrebbe essere ritenuta responsabile. Pertanto, è essenziale definire chiaramente le limitazioni dell'AI, fornire avvertimenti appropriati agli utenti e adottare misure per mitigare i rischi di responsabilità.

 

Conclusione: L'integrazione delle AI come ChatGPT nelle aziende offre vantaggi significativi, ma è fondamentale comprendere i rischi legali associati. La trasparenza, la protezione dei dati, la gestione dei bias, la valutazione della proprietà intellettuale e la definizione della responsabilità sono tutti aspetti cruciali da considerare.

Collaborare con professionisti legali specializzati in diritto delle nuove tecnologie può aiutare a navigare in modo sicuro in questo ambito complesso. Assicurarsi di adottare politiche e procedure appropriate può proteggere la vostra azienda da possibili conseguenze legali e preservare la fiducia dei vostri clienti.

 

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Convenzione Superbonus Studio Industria-Harley&Dikkinson-Giovani Commercialisti

Convenzione Superbonus Studio Industria-Harley&Dikkinson-Giovani Commercialisti 


Studio Industria entra nella partnership tra Harley&Dikkinson e l'Unione dei Govani Commercialisti, che hanno siglato una convenzione per realizzare le verifiche di conformità nell'ambito dell'incentivo noto come "superbonus".

Nel dettaglio, riportiamo le dichiarazioni del Presidente dell'Unione.

"L'Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e Harley&Dikkinson, fintech business designer rivolto a chi opera nella riqualificazione e valorizzazione degli edifici, hanno siglato una convenzione con l'obiettivo di supportare i cittadini in tema di Superbonus 110% e fornire un servizio professionale nella gestione delle piattaforme utili alla cessione del credito d'imposta. Per gli iscritti all'Unione si tratta di una vera e propria svolta: avranno, infatti, l'opportunità di assumere un ruolo importante nella filiera Superbonus, offrendo garanzie ai soggetti coinvolti nelle dinamiche di cessione del credito e aprendo una breccia in un settore della professione che attualmente presenta diverse barriere all'entrata, ancor più difficili da affrontare singolarmente". Lo annuncia Matteo De Lise, presidente dell'Ungdcec.

 

"I professionisti dell'Unione – prosegue De Lise – potranno, tra le altre cose, apporre il visto di conformità nelle procedure sottese alle piattaforme H&D in ambito di cessione di crediti da Superbonus, e potranno altresì proporre di utilizzarli ai propri assistiti, nel rispetto di uno specifico modello costruito dall'Ungdcec. In quest'ottica, per la prima volta verrà istituito uno standard certificativo di Aja Europe, anche col supporto di un partner affermato per la compliance strategica d'impresa come Studio Industria, che supporti i commercialisti e i revisori nella conduzione delle esigenze professionali collegate al visto di conformità, per avvicinare sempre di più le persone alla riqualificazione degli immobili e dunque alla sostenibilità".

 

Ci rende fieri vedere la notizia riportata dai principali quotidiani, la rassegna stampa è scaricabile cliccando qui.


La due diligence della startup

La due diligence della startup


La due diligence può avere durata e intensità[1] molto elastiche (che dipendono principalmente dal grado di maturità della startup[2]) e si sostanzia nell’analisi della società da un punto di vista legale, fiscale e tecnico[3].

 

Dal punto di vista legale, ci sarà sicuramente un vaglio documentale[4], che consisterà nello studio analitico dello Statuto e delle sue clausole, nonché degli eventuali patti parasociali[5] stipulati dai soci. Potrà poi seguire un focus di natura giuslavoristica, dove si attenzioneranno le dinamiche di subordinazione o collaborazione instaurate all’interno della società e i profili attinenti al rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Anche l’analisi degli aspetti che fanno riferimento alla proprietà intellettuale, quali la registrazione dei marchi, l’originalità dei software[6], l’esistenza e l’intestazione di un eventuale nome a dominio, deve trovare spazio in questa importante fase del processo di investimento.

 

Infine, in ambito fiscale, si dovrà andare a verificare che ci sia stato il corretto pagamento delle imposte e delle tasse e che siano stati regolarmente versati i contributi agli enti previdenziali nel caso in cui il soggetto giuridico si sia dotato di personale dipendente.

 

 

[1] Da intendersi come profondità di analisi della società.

[2] La quale, in questo contesto di riferimento, prenderà il nome di “società target” ossia “società – obiettivo”.

[3] Per le startup più mature l’analisi comprenderà anche l’aspetto dei financial.

[4] Di cui si occuperanno, naturalmente, i consulenti dell’investitore.

[5] Sono “accordi privati” che regolamentano alcuni aspetti della vita societaria.

[6] Che dovranno essere poi analizzati anche da un punto di vista tecnico fronte brevettabilità.

 

 

 

 

Contributo a cura del Dott. Piermarco Di Lallo.


Investire in PMI innovative

Investire in PMI innovative


Le PMI innovative sono state introdotte nel nostro sistema normativo con il DL 24 gennaio 2015 n. 3, recante “misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti”. Un’impresa, per godere di questo status giuridico di favore deve soddisfare una serie ben definita di requisiti[1], ma in primis, per rientrare nel novero di PMI, deve occupare meno di 250 dipendenti ed avere un fatturato inferiore ai € 50mln o un totale di bilancio minore di 43 milioni.

 

La ratio sottesa a tale intervento è senza dubbio quella di favorire la crescita e lo sviluppo tecnologico di quelle piccole e medie realtà imprenditoriali, che costituiscono il motore trainante del nostro Paese, facilitando ed incentivando il ricorso all’investimento privato, da un lato, e prevedendo delle misure pubbliche di sostegno e di agevolazione nell’accesso al credito per le stesse imprese, dall’altro.

 

In tale ottica si collocano misure previste da una serie di interventi legislativi[2], non da ultimo il “D.L. Rilancio”, con un pacchetto di aiuti rivolti a start up e pmi innovative.

Soffermandoci in particolare sugli investimenti, si ritiene opportuno precisare in via preliminare come gli interventi del legislatore in questi anni si siano apprezzati in particolar modo per l’impulso alla creazione di canali di accesso all’investimento smart e rivolti ad una platea sempre più ampia.

 

L’iniezione di liquidità nelle casse delle PMI è stata favorita prevedendo ad esempio dei consistenti sgravi fiscali, pari al 30% dell’investimento, fino a € 1mln per le persone fisiche e € 1,8 per quelle giuridiche, condizionati al mantenimento della partecipazione nella PMI innovativa (holding period) per un minimo di tre anni.

 

Con il “D.L. Rilancio”, poi, la soglia del 30 è stata innalzata, per le persone fisiche, al 50% sino ad una cifra investita pari a € 300.000 ed è stato istituito, attraverso la legge di Bilancio. n. 145/2019, un Fondo di sostegno al Venture capital pari a € 200mln[3]. L’aspetto più interessante del Fondo sembra comunque essere la previsione dello strumento delle obbligazioni convertendo che, in sostituzione delle obbligazioni convertibili, spezzano una lancia in favore delle imprese in quanto producono l’automatica conversione in equity, ossia in azioni, e le aziende godono di tassi di interesse agevolati[4].

 

Inoltre, si è provveduto ad incentivare l’accesso al mercato anche alle categorie di piccoli investitori tramite la creazione di piattaforme online di equity crowdfunding[5], le quali sottendono il duplice scopo di raccogliere fondi e di educare l’investitore retail (alle prime armi) che si approcci magari per la prima volta ad una attività speculativa, attraverso la somministrazione di un questionario preliminare, il cui superamento è prodromico alla corretta sottoscrizione di capitale.

 

Ovviamente la sicurezza dell’investimento online è garantita dalla costante supervisione della Consob ed esiste un apposito elenco di operatori all’uopo autorizzati i quali fanno da recettori della richiesta di investimento, trasmettendola poi alle banche che procedono al perfezionamento della sottoscrizione di capitale presso la PMI innovativa individuata. A differenza del Venture capital, questo è uno strumento di finanziamento (rectius di partecipazione all’azionariato) collocabile nella fase di lancio dell’impresa (per le start up si parla di fase seed), per cui ben si presta a raccogliere cifre certamente inferiori rispetto agli ingenti capitali previsti per quelle successive che vengono definite come fasi early stage, terreno fertile per i Venture capitalist; possono inoltre rinvenirsi difformità di tipo ontologico tra le due soluzioni di investimento prospettate, in quanto quello dei Venture capitalist è generalmente classificabile come investimento prettamente speculativo e non rivolto alla partecipazione societaria.

 

Le misure incentivanti elencate nella trattazione, specialmente quelle rivolte ai “novizi” del settore, sembrano dunque orientate nel senso di promuovere una cultura dell’investimento e dell’innovazione che passi attraverso la conoscenza dell’impresa su cui si decide di puntare ed una partecipazione attiva alla crescita della stessa.

 

[1] art. 4, comma 1, DL 3/2015;

[2] V. in particolare Legge di Bilancio 2017; D.L. 34/2020, c.d. “D.L. Rilancio”;

[3] Per ulteriori approfondimenti sul funzionamento del Fondo: https://www.mauriziomaraglino.it/come-funziona-il-fondo-di-sostegno-al-venture-capital-dedicato-alle-startup-e-pmi-innovative/;

[4] La misura non può che porsi come strumento di tutela nei confronti delle startup, in quanto, mentre con le obbligazioni convertibili, generalmente, le stesse non venivano convertite in azioni ma si trattava di vero e proprio finanziamento, per le obbligazioni convertendo, al momento della loro emissione è già previsto che da capitale di debito si trasformino in quote azionarie.

La logica di questo strumento finanziario sta proprio nel fatto che gli investitori, al termine del percorso, diventino azionisti e quindi il valore delle azioni acquisite con la conversione non sarà più legato al costo che ha avuto l’operazione per l’investitore ma all’andamento del mercato, avendo dunque gli stessi la massima premura affinché la startup cresca in modo solido https://www.economyup.it/startup/fondo-rilancio-perche-il-convertendo-e-un-vantaggio-per-le-startup-ecco-come-funziona/;

[5] https://www.consob.it/web/investor-education/crowdfunding#c2.

 

 

 

Contributo a cura del Dott. Piermarco Di Lallo.


Startup: i documenti preliminari in materia di investimenti

Startup: i documenti preliminari in materia di investimenti


Il primo assunto in ambito di documenti preliminari all’investimento nelle startup è che la sostanza prevale sulla forma, perciò io posso anche voler stipulare una lettera d’intenti o un term sheet, ma se in realtà il contenuto di questi documenti corrisponde a quello di un contratto di investimento definitivo sarà quest’ultimo a venire ad esistenza, volente o nolente.

 

Ciò premesso, andiamo ad analizzare nel dettaglio i documenti di cui si tratta.

1. La “lettera di intenti” o “memorandum of understanding” consiste in una manifestazione di interesse, formalizzata in un documento sottoscritto dalle parti, in cui si esprime la volontà di valutare l’investimento e ha un contenuto “soft”, visto che tendenzialmente non vincola l’investitore in alcun modo, eccetto che per quella parte contenente clausole vincolanti, come ad esempio una clausola di esclusiva[1] o una clausola penale[2].

 

2. L’NDA (“non-disclosure agreement”), ossia l’accordo di riservatezza nel quale vengono rivelate delle informazioni riservate all’investitore e ci si tutela affinché le stesse non vengano divulgate all’esterno.

 

3. Il Term sheet, di origine anglo-americana, possiamo definirla come una lettera di intenti “esplosa”, visto il suo contenuto più ampio, alla luce del fatto che può contenere buona parte delle condizioni del contratto di investimento con enunciazione dei diritti richiesti dall’investitore[3].

 

4. Come visto per la lettera d’intenti, anche per il term sheet non può parlarsi di un documento vincolante; tuttavia, maggiore sarà il grado di dettaglio e analiticità delle clausole nello stesso contenute, maggiore sarà il rischio di incorrere in ipotesi di responsabilità precontrattuale, nel caso in cui non si dovesse addivenire alla stipula del contratto di investimento definitivo.

In sostanza, vediamo come questi documenti siano in realtà degli “ibridi” in quanto, sebbene nati per manifestare un mero interesse e per concertizzare a grandi linee le condizioni generali di investimento, vanno poi ad approssimarsi a livello contenutistico in un contratto di investimento vero e proprio.

 

5. Il contratto preliminare[4], infine, è l’unico dei documenti ad avere un effettivo carattere vincolante, in quanto impegna le parti alla stipulazione del contratto definitivo e contiene tutti gli elementi di quest’ultimo.

 

[1] La startup con questa clausola si obbliga a trattare solo e soltanto con un determinato investitore per un determinato periodo di tempo.

[2] Clausola che potrebbe prevedere delle penali in caso di abbandono delle trattative in mala fede (pericolosa da inserire per i problemi ermeneutici che potrebbero sorgere nel giudizio di sussistenza della “mala fede”).

[3] Esempio: una clausola di anti-diluizione che offre agli attuali investitori il diritto di mantenere la loro percentuale di proprietà nella società acquistando un numero proporzionato di nuove azioni in una data futura in cui i titoli saranno emessi.

[4] Poco usato quando si parla di startup.

 

 

 

 

Contributo a cura del Dott. Piermarco Di Lallo.